Istruzioni di sopravvivenza per atleti semiprofessionisti

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Con il termine semiprofessionismo nello sport si intende una “condizione in cui gli atleti sono vincolati ad un contratto con una società sportiva ma sono liberi di svolgere un’altra attività” (Diz. Italiano Sabatini Colletti).
Nella pratica, la popolazione degli atleti semiprofessionisti italiani è quanto mai vasta e trasversale a tutti gli sport.
Ma cosa vuol dire concretamente essere un semiprofessionista?
Nella nostra esperienza decennale di preparatori mentali di atleti semiprofessionisti vuol dire trovarsi di fronte ad atleti che affrontano sacrifici enormi per poter inseguire un sogno sportivo.
Raccogliendo le loro testimonianze abbiamo voluto creare questo articolo per mettere a fuoco gli ostacoli mentali più diffusi che possono ostacolare il corretto approccio a questa condizione sportiva.

Il primo ostacolo: doppio impegno, doppie difficoltà!

Gli atleti semiprofessionisti sono atleti che, parallelamente ai loro impegni sportivi, mantengono un lavoro o stanno completando il loro percorso di studi. Questo vuol dire trovarsi subito di fronte all’ostacolo di come fare a conciliare i vari impegni. Questa ricerca di soluzioni è quanto mai ardua, soprattutto quando si sale di livello e le sfide sportive diventano più impegnative. Le esigenze della vita quotidiana si scontrano con le esigenze legate allo sport: questi atleti devono prepararsi come dei professionisti ma non possono dedicare tutto il loro tempo alla pratica sportiva a meno di non sacrificare qualcos’altro.

Secondo ostacolo: l’ambiente sociale.

Gli atleti semiprofessionisti (udite udite..) hanno anche una vita sociale, fatta di amicizie, famiglia e amori! E’ bellissimo ritrovarsi a casa e raccontare delle proprie imprese sportive. All’inizio tutti sembrano ammirarti poi, piano piano, capita che ci si trovi a fare i conti con partner che reclamano il loro tempo (anche giustamente, per carità!) o amici che, tra il serio e lo scherzoso, ci ricordano “Ma tu non ci sei mai! Sei sempre impegnato ad allenarti”. E i più esasperanti riescono anche a dirci: “Ma almeno ti pagano??”

Terzo ostacolo: il dio denaro

Sebbene gli atleti semiprofessionisti si trovino ad allenarsi come dei “veri” professionisti, non sono pagati per farlo (se non in minima parte ma a volte neanche quello). Chi non ha intrapreso questa scelta di vita fa spesso fatica a capire come una persona possa fare tutti quei sacrifici senza averne un ritorno economico. Pochi si soffermano a pensare che nella vita non si riduce tutto a quello. Soddisfazione, appagamento, autorealizzazione per molti non sono moneta di scambio sufficiente. Tant’è che spesso l’atleta semiprofessionista si trova a mettersi in dubbio su questo aspetto: “Ma veramente vale la pena di fare tutto questo? In cambio di cosa? Fama… gloria…” Ma se pratichi uno dei cosiddetti “sport minori” non hai neanche questo! Se ti va bene, scriverà di te e delle tue imprese la testata giornalistica locale e dopo qualche giorno nessuno si ricorderà più che cosa hai fatto. Eppure in questi sportivi c’è qualcosa che li spinge ad andare avanti: qualcosa che, a nostro avviso, rappresenta bene l’essenza pura dello sport.

Quarto ostacolo: il risparmio.

Dato tutto quello che abbiamo descritto prima, l’atleta semiprofessionista si muove con una enorme capacità di ottimizzare il suo tempo ma a volte non basta, se non si è disposti o nelle possibilità di sacrificare qualcosa. Per cui, alcuni fanno la scelta “kamikaze” di sacrificare il tempo dell’allenamento, togliendo qua e là quello che loro ritengono meno importante.
Dedicare tempo alla preparazione atletica viene per molti considerato un “di più”, con grande disperazione dei preparatori atletici. Perché seguire un programma strutturato di allenamento fisico quando mi basta fare un pò di ginnastica o una corsetta ogni tanto? Molti atleti che abbiamo incontrato, anche di alto livello (parliamo di atleti impegnati anche in competizioni di livello internazionale), dimenticano che la preparazione atletica non serve solo per essere più performanti a livello fisico, ma è l’unico modo per prevenire efficacemente il rischio di infortunio. Il risultato è che la qualità della loro preparazione fisica è spesso non adeguata agli obiettivi che cercano di perseguire. Questo determina una tremenda frustrazione dei preparatori atletici e un aumento di lavoro dei fisioterapisti o degli osteopati: almeno qualcuno nello sport semiprofessionistico sembra guadagnarci!
Amici fisioterapisti passateci un pò di ironia visto che non apriamo neanche il capitolo del dedicare tempo alla preparazione mentale che viene ancora considerata un lusso di cui solo i professionisti hanno bisogno!

Quinto ostacolo: Volemose bene!

Le squadre semiprofessionistiche, a differenza degli atleti che praticano sport individuale, hanno un vantaggio che può diventare anche un grande tallone d’Achille. Quello che noi abbiamo riscontrato è che, spesso, nelle squadre semiprofessioniste, è presente una forte coesione sociale fra gli atleti. Visto tutte le difficoltà che si vivono, avere qualcuno che può comprenderti perché le condivide con te, ti porta subito a fare squadra, ad aiutarsi, a venirsi incontro. Questo aspetto è indubbiamente molto positivo ma questi atleti devono sempre ricordarsi che può diventare controproducente se se ne abusa. Il venirsi incontro nelle complesse esigenze individuali non può far perdere di vista l’obiettivo e i passi necessari per raggiungerlo. Il fare le cose così, alla “volemose bene” può essere funzionale per la squadra di calcetto dilettantistico che si trova una volta a settimana per giocare insieme ma non può funzionare per chi ha delle pretese di risultato un pò più elevate.

Sesto ostacolo: gli allenatori semiprofessionisti

Ovviamente il semiprofessionismo colpisce anche loro! E qua vediamo due situazioni diverse tra loro. La prima (sempre più rara per fortuna) è l’allenatore improvvisato, che ama lo sport, magari in passato ci ha giocato e nel suo tempo libero si dedica ad allenare una squadra. La seconda invece è fatta di uomini e donne che passano il loro tempo post-lavoro a documentarsi, a seguire corsi di aggiornamento federali, studiano manuali, fanno schemi (sono sempre pieni di foglietti di appunti scritti nei ritagli di tempo!) perché, pur non essendo il loro primo lavoro, vogliono guidare la loro squadra a raggiungere buoni risultati. E spesso anche loro si scontrano con uno stereotipo dominante (purtroppo anche negli atleti): “Se tu fossi veramente bravo, faresti questo lavoro a tempo pieno!”. E invece il fatto che loro abbiamo un’altra professione (semplicemente quella che gli serve per vivere!) fa si che possano non essere presi pienamente sul serio dagli atleti o che gli atleti sottovalutino la loro guida.

Settimo ostacolo: l’arte dell’arrangiarsi!

I nostri atleti semiprofessionisti sono speciali. Hanno imparato presto l’arte dell’arrangiarsi per riuscire a conciliare ristrettezze di budget con il loro sogno sportivo. Abbiamo motocrossisti che sono diventai ottimi meccanici, velisti che fanno la messa a punto della loro barca meglio di un ingegnere. Abbiamo atleti autisti che guidano il pulmino della loro squadra per andare in trasferta. Abbiamo gli addetti cuochi che preparano i panini per i loro compagni di squadra. Abbiamo doppi ruoli: atleta-direttore sportivo, atleta-preparatore atletico, atleta-massaggiatore e in alcuni casi abbiamo il player coach (che detto in inglese suona meglio che atleta-allenatore). E sono anche bravi nel fare tutto questo! Anche a livello societario spesso abbiamo le stesse dinamiche del “tutti fanno tutto” e “lo facciamo dopo il lavoro principale”. Questo di per sé non è un problema se non si sottovaluta il fatto che squadre di lavoro che funzionano bene, funzionano bene perché sono rispettati dei criteri minimi di rispetto di ruolo, processi di delega, processi comunicativi e metodologie di lavoro condiviso. Tutti quegli aspetti, troppo spesso sottovalutati, sono cose che uno psicologo esperto in dinamiche aziendali conosce bene. Capita così che anche lo psicologo dello sport viene chiamato (se viene chiamato!) a fare un doppio lavoro: la preparazione mentale degli atleti e un supporto nelle dinamiche organizzative.

Se siete arrivati a leggere fino a questo punto, avete lo spirito giusto per affrontare le sfide del semiprofessionismo. Non vi fermate davanti agli ostacoli (e ve ne abbiamo messi ben 7!) ma andate fino in fondo… nonostante tutto. Ciò che possiamo dirvi per esperienza è che fare questo tipo di scelta richiede una profonda riflessione, ma se siete arrivati a dire: “Lo voglio fare!” allora impegnatevi come dei veri professionisti. Solo questo può ripagarvi di tutti i sacrifici che dovrete fare. E a chi porta avanti questa scelta, incomprensibile ai più, va la nostra stima oltre che il nostro supporto.

Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione…
Ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti

(F. De Andrè – Smisurata Preghiera)

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