Sport mental coaching: le verità nascoste che forse non sapete!

In un mondo del lavoro sempre più globale abbiamo visto il proliferare di termini inglesi che sono diventati ormai parte abituale del nostro patrimonio linguistico . Tuttavia, in talune circostanze, questo “chiamare le cose con altri nomi” ha generato confusione nelle persone, se non addirittura disinformazione. Vogliamo quindi ragionare insieme su due termini molto diffusi in psicologia dello sport: lo sport (mental) coaching e il mental training.

In diverse circostanze ci siamo sentiti dire: “Ma voi, come psicologi dello sport fate anche coaching? Perché un mio amico dirigente ha chiamato un mental coach nella sua società e fa delle cose straordinarie con gli atleti!”. Un moto di emozione pervade l’animo del serio psicologo dello sport che oscilla fra lo stupore e la rabbia tentando di spiegare qualcosa che dovrebbe essere ovvio ma che purtroppo, in un mare di disinformazione, è andato perduto.

E allora permetteteci di guidarvi alla scoperta di verità nascoste…

B-Skilled: psicologia dello sport e della performance Sport mental coaching: le verità nascoste che forse non sapete! sport psicologo dello sport Torino psicologo dello sport psicologia sportiva psicologia dello sport mental training mental coaching coaching Il termine coaching compare nel mondo sportivo tanti anni orsono e viene spesso utilizzato come sinonimo del nostro termine italiano “allenatore”. Ma poiché col tempo si è capito che nello sport l’allenamento verte su molti aspetti, compreso quello mentale, ecco che all’estero hanno iniziato a parlare dei “mental coach” ossia gli allenatori mentali. La moda si è diffusa presto anche da noi perché il moderno “mental coach” è sicuramente più figo, più efficace e più al passo con i tempi dell’ormai desueto e italianissimo “psicologo dello sport”.
Inizialmente questo gioco linguistico è servito per dare una ventata di internazionalità ad una professione, che, ricordiamo, nasce in Italia. Il primo congresso internazionale degli allenatori mentali (anche detti psicologi dello sport!) è stato organizzato da un italiano, Ferrucci Antonelli, nel 1965, a Roma (non a New York!). Ma nel tempo la sferzata markettara ha assunto una dimensione diversa e, a nostro avviso, non corretta. Si è iniziato a pensare che il “coach mentale” facesse qualcosa di profondamente diverso da quello che da più di 30 anni facevano i colleghi psicologi impegnati nell’ambito sportivo. Qualcosa di più moderno, qualcosa di più efficace… qualcosa che non c’entra nulla con la psicologia che, per molti, è ancora solo quella disciplina sanitaria che cura le patologie mentali! E in questa confusione generale, condita da disinformazione qualcuno ha iniziato a trasformare una competenza, il “coaching” in una professione il “coach”.

E’ come se i preparatori tecnici di uno sport (gli allenatori) si sentissero dire dalla propria società: “Abbiamo trovato qualcuno che può fare il tuo lavoro, una nuova figura professionale, il technical coach! Sai in America va alla grande…” “A si? E cosa fa di diverso da me in campo?” “E sai… lui non allena ma fa coaching!” “Ok, e cosa fa di diverso da me?” “ehmm…. Ahmmm…. Lui comunica con i giocatori e favorisce l’apprendimento della tecnica e della tattica…” “Ok, quello che faccio anche io… e cosa altro fa di diverso da me?” “Lui fa coaching, tu alleni…”.
Vi sembra paradossale? Perché è esattamente la situazione che viviamo noi psicologi sportivi, quotidianamente, quando dobbiamo spiegare e motivare la nostra professione!

Partiamo dunque dalla definizione di “professional coaching” data dall’International Coaching Federation (ICF) per scoprire una meravigliosa verità! Alla domanda “Cos’è il coaching?” La risposta è: “una partnership con i clienti che, attraverso un processo creativo stimola la riflessione, ispirandoli a massimizzare il proprio potenziale personale e professionale.” Wow… ma a questo punto qualche collega psicologo dello sport inizierà a dire: “Ma è esattamente quello che faccio io!”

Ecco la prima verità nascosta: “Lo psicologo dello sport fa coaching!”

B-Skilled: psicologia dello sport e della performance Sport mental coaching: le verità nascoste che forse non sapete! sport psicologo dello sport Torino psicologo dello sport psicologia sportiva psicologia dello sport mental training mental coaching coaching Bene, ma allora cosa fa di più il coach rispetto allo psicologo? Continuando la citazione tratta da ICF: “E’ responsabilità del coach scoprire, rendere chiari e allineare gli obiettivi che il cliente desidera”. Ma anche lo psicologo lo fa…
“Guidare il cliente in una scoperta personale di tali obiettivi”. Ok, ma ancora non mi è chiaro che cosa fa un coach di diverso dallo psicologo dello sport!
“Fa in modo che le soluzioni e le strategie da seguire emergano dal cliente…” Ok, anche questa cosa è alla base del lavoro psicologico. Ma quindi cosa fa un mental coach che non fa lo psicologo dello sport???? La risposta è niente!!!

Seconda verità nascosta: “Il coach non fa nulla di più di quanto uno psicologo sportivo normalmente faccia nella sua pratica professionale!”.

Avete capito bene! “Ma io ho visto che in Italia esistono delle associazioni professionali per il coaching!!” Si, ma sono associazioni private che non abilitano ad una professione.

Terza verità nascosta: “Il coaching è un insieme di competenze che non possono sovrapporsi ad una professione regolamentata quale quella dello psicologo”.

Vabbè ma in pratica, aldilà di questa precisazione teorica, cosa fa in pratica un professionista che fa coaching? Sempre basandoci sulle definizioni riconosciute a livello internazionali, si parla di coaching facendo riferimento ad un processo basato su domande strutturate (da parte del coach) in grado di favorire la consapevolezza e la messa in campo di strategie per la risoluzione dei problemi o l’ottimizzazione del potenziale umano.

Ah… ma quindi il coach fa domande e basta? Se è un vero coach si! Noi, per esempio, utilizziamo un modello di coaching ampiamente utilizzato a livello internazionale, sia nello sport che in azienda, il modello GROW. Questo modello di coaching prevede una sequenza strutturata di domande in cui il coach non interviene mai con suggerimenti personali o proposte di tecniche. Anche perché il presupposto sui cui si basa il processo di coaching è che la persona possieda già tutte le competenze necessarie per raggiungere il suo obiettivo personale o professionale. Il ruolo del coach è quello di aiutare la persona ad avere maggiore chiarezza sugli steps operativi e sulle azioni da pianificare nel tempo per raggiungere tali obiettivi.

Quarta verità nascosta: “Il coach lavora sul favorire l’autoconsapevolezza personale attraverso una metodologia di colloquio strutturato attraverso domande”.

“Ma il mental coach che è venuto nella nostra società ci ha insegnato diverse tecniche ed esercizi per migliorare il nostro assetto mentale…”. E allora non stava facendo coaching! Quindi ha utilizzato impropriamente un termine per identificare il suo lavoro… Se vi ha fornito degli strumenti per sviluppare competenze che non possedevate o se vi ha insegnato delle tecniche di ottimizzazione mentale stava facendo “training” (trad. formazione, allenamento) e non “coaching”.
E parlando di “mental training” scopriremo altre interessanti verità… ma lo faremo in un altro post!

In conclusione speriamo di avervi condotto alla scoperta di qualcosa che forse non sapevate e speriamo che sempre meno persone cadano nella trappola della disinformazione psicologica!

Vi lasciamo dunque  un’ultima e assoluta verità nascosta: lo psicologo dello sport é anche un coach, ma spesso non è vero il contrario!!!

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