Autoefficacia nello sport: si può migliorare?

Si sente spesso dire che, a parità di capacità tecniche, vince l’atleta che ha maggior autoefficacia. Ma che cos’è l’autoefficacia nello sport?

Negli anni sono stati diversi i programmi di psicologia dello sport che hanno avuto come obiettivo quello di implementare le prestazioni sportive, aumentare il divertimento e la soddisfazione negli atleti, ma soprattutto migliorare le convinzioni di efficacia (Weinberg & Gould, 2007; Feltz, Short, & Sullivan, 2008).

Cos’è l’autoefficacia

Il senso di autoefficacia corrisponde alle convinzioni che il soggetto ha circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati in domini specifici (Bandura, 1997).

Vari sono i meccanismi attraverso i quali le convinzioni di autoefficacia influenzano positivamente l’autoregolazione e il successo dell’atleta (Bandura, 1997; Feltz, Short, e Sullivan, 2008). Elevate convinzioni favoriscono la scelta di obiettivi stimolanti e sostengono l’impegno e lo sforzo anche quando i successi non si raggiungono facilmente. Gli atleti più sicuri della propria efficacia mostrano una maggiore capacità di concentrazione, soprattutto attraverso il controllo di pensieri intrusivi e una gestione adeguata dei fattori di stress; tendono ad accettare maggiormente i rischi della competizione, mostrandosi pronti anche a fronteggiare gli inevitabili momenti di crisi; tollerano meglio la fatica e il dolore, così come sono più rapidi nel recupero dagli infortuni.

Proprio per questo motivo, il senso di efficacia personale risulta determinante nel contesto sportivo sia in fase di preparazione e di allenamento, dove promuove la costruzione e il perfezionamento della prestazione d’alto livello, sia in fase di gara, in quanto ottimizza la scelta delle strategie, l’erogazione degli sforzi e l’esecuzione delle diverse attività (Militello e Steca, 2008).

Le Aspettative di Efficacia possono essere originate attraverso l’elaborazione cognitiva di 4 fonti principali d’informazione:

  • Le “esperienze personali”, che rappresentano la memoria di situazioni presenti e passate affrontate con successo, che consolidano le aspettative future, mentre esperienze negative producono l’effetto opposto;
  • L’ “esperienza vicaria”, ovvero l’osservazione dell’esperienza fatta da altri. Questa tecnica è tanto più utile quanto più i giocatori che vengono osservati (i modelli) sono percepiti come competenti e simili per abilità tecnico-tattiche, caratteristiche fisiche e tratti personali a noi;
  • La “persuasione verbale”, che ha effetti tanto più elevati e durevoli quanto più le valutazioni positive dei persuasori risultano credibili e sono frutto della competenza e della stima reciproca;
  • L’ interpretazione degli “stati emotivi e fisiologici”, che spesso vengono percepiti come il presagio di scarse prestazioni, soprattutto se pensiamo all’ansia e alla paura, mentre sarebbe importante rendere l’atleta consapevole dei propri vissuti psicofisiologici.

Da questo punto di vista, il poter disporre di strumenti specifici per la valutazione di ciò che gli atleti ritengono di saper fare, costituisce un notevole vantaggio nell’ottica della preparazione sportiva, in quanto in grado di fornire informazioni utili per realizzare una pratica di allenamento fondata sull’individuazione di “aree forti” e di “aree di miglioramento”, specifiche e personali (Costa, Livi e Polani, 2015).

Si può migliorare l’autoefficacia?

Zagórska e Guszkowska (2014) hanno recentemente condotto uno studio per valutare l’efficacia di un programma volto a migliorare le convinzioni di giovani atleti di atletica leggera. Il programma consisteva in 4 incontri psico-educativi per un periodo di 10 giorni all’interno di un campus estivo, dove ogni appuntamento si rivolgeva a una delle quattro fonti di autoefficacia sopra citate. I risultati hanno mostrato un aumento significativo delle loro convinzioni sia rispetto alla baseline che al gruppo di controllo.

Altri studi hanno invece esaminato se anche programmi generici sulle abilità mentali potessero migliorare l’autoefficacia degli atleti. Ad esempio, Mamassis e Doganis (2004) hanno scoperto che un programma di allenamento indirizzato alla definizione degli obiettivi, al miglioramento del self talk, della concentrazione, della regolazione dell’arousal e della visualizzazione, produce comunque un aumento della fiducia in se stessi in giovani giocatori di tennis. Stessi risultati sono stati ottenuti da Sheard e Golby (2006) con un gruppo di giovani nuotatori.

Finora, tali programmi sono tutti stati svolti mediante interventi faccia a faccia, pochi infatti sono i lavori che utilizzano il contributo della tecnologia per agevolare questi processi.

Si può lavorare anche online?

Tuttavia, come suggerito da Farres e Stodel (2003), gli ambienti web offrono opportunità promettenti per coinvolgere gli atleti nell’apprendimento attivo delle abilità mentali attraverso la riflessione, l’ applicazione e l’ interazione.

Villani, Caputo, Balzarotti e Riva (2015) hanno cercato di replicare il lavoro sulle convinzioni di efficacia di Zagórska e Guszkowska (2014) attraverso 2 programmi di allenamento mentale con giocatori di basket giovanili. I programmi sono durati 7 settimane e sono stati strutturati con incontri faccia a faccia e attività sul web, utilizzando una piattaforma blog e una cartella dropbox che permetteva interazione e apprendimento collaborativo.

In particolare, il gruppo di atleti che ha utilizzato il supporto web ha potuto:

  1. avere accesso a un video di un giocatore di basket (un modello simile a loro) che eseguiva un tiro e commentare l’aspetto tecnico, sia in riferimento a se stessi che cercando di consigliare un amico (esperienza vicaria);
  2. vedere le registrazioni video dei propri tiri in allenamento al fine di analizzare e monitorare il proprio comportamento, confrontarlo rispetto al modello precedente e riflettere su come poterlo migliorare (risultati ottenuti in passato);
  3. ricevere valutazioni positive dai loro compagni di squadra, attraverso l’identificazione dei diversi punti di forza (persuasione verbale);
  4. condividere la propria esperienza emotiva pre, durante e post match, cercando di trovare delle strategie per la loro regolazione (interpretazione stato fisiologico e affettivo).

Il gruppo di controllo, invece, al posto del supporto tecnologico doveva leggere a casa dei documenti e dei testi sull’autoefficacia.

Gli autori hanno evidenziato che gli atleti che hanno partecipato al programma web hanno riportato risultati significativi più elevati rispetto alla baseline nelle convinzioni di efficacia, sebbene non siano emerse differenze con il gruppo di controllo. È quindi possibile che gli atleti si siano sentiti più a proprio agio ed abbiano apprezzato maggiormente le attività interattive ed esperienziali supportate dalla piattaforma web, rivelandosi uno strumento utile (Aslanidou & Menexes, 2008).

BIBLIOGRAFIA

  • Aslanidou, S., & Menexes, G. (2008). Youth and the Internet: Uses and practices in the home. Computer Education, 51, 1375–1391.
  • Bandura, A. (1997). Self efficacy: The exercise of control. New York, NY: W.H. Freeman.
  • Costa, S., Livi, S. e Polani, D. (2015). Una scala per la misura delle convinzioni di efficacia personale nel tennis. Il Giornale Italiano Psicologia dello Sport, num. 24, 3-8, Calzetti Mariucci Editori.
  • Feltz, D., Short, S., & Sullivan, P. (2008). Self-efficacy in sport. Champaign, IL: Human Kinetics.
  • Mamassis, G., & Doganis, G. (2004). The effects of a mental training program on juniors pre competitive anxiety, self-confidence and tennis performance. Journal of Applied Sport Psychology, 16, 118–137.
  • Militello, J., e Steca, P., (2008). Nuove scale per la misura delle convinzioni di efficacia personale e collettiva nello sport. Giornale Italiano di Psicologia dello Sport, 2, 4-12.
  • Sheard, M., & Golby, J. (2006). Effect of psychological skills training program on swimming performance and positive psychological development. International Journal of Sport and Exercise Psychology, 4, 149–169.
  • Villani, D., Caputo, M., Balzarotti, S. & Riva, G. (2015). Enhancing self-efficacy through a blended training: A pilot study with basketball players, International Journal of Sport and Exercise Psychology.
  • Weinberg, R., & Gould, D. (2007). Foundations of sport and exercise psychology (4th ed.). Champaign, IL: Human Kinetics.
  • Zagórska, A., & Guszkowska, M. (2014). A program to support self-efficacy among athletes. Scandinavian Journal of Medicine & Science Sports, 24, e121–e128.

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