La relazione genitore-figlio nello sport: teorie e modelli a confronto

I genitori supportano i giovani atleti introducendoli allo sport, impegnando tempo e denaro per consentire loro la partecipazione sportiva e fornendo supporto emotivo prima, durante e dopo le competizioni (Baxter-Jones & Maffulli, 2003). Uno degli aspetti fondamentali nella crescita sportiva di un giovane atleta è la relazione che esiste tra lui e il suo genitore (Brown et al., 2018; Clarke et al., 2016; Dorsch et al., 2016).

La ricerca suggerisce che la qualità della relazione genitore-atleta:

  1. potrebbe sostenere la percezione del sostegno dei genitori;
  2. è importante per il benessere e lo sviluppo sportivo degli atleti;
  3. influenza direttamente le esperienze dei giovani sportivi.

Ad esempio, la volontà dei genitori di maggiore professionalità dei propri figli mette in gioco obiettivi sociali come lo status, il riconoscimento e il senso di appartenenza, che favoriscono un ambiente competitivo ancora più esigente (Domingues & Gonçalves, 2013).

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Tuttavia, sebbene alcuni comportamenti dei genitori sembrino essere correlati agli esiti del bambino, l’associazione tra questi è complessa e merita un ulteriore esame (Knight et al., 2017). 

In particolar modo hanno provato a dare una spiegazione della complessa relazione genitore-figlio diverse teorie e modelli, con un approfondimento all’interno del contesto sportivo: la teoria del sistema familiare (Minuchin, 1974), il modello bioecologico (Bronfenbrenner, 1974), le teorie motivazionali (Harter, 1978; 1981; Eccles et al., 1983; Deci & Ryan, 1985; Nicholls, 1984), gli stili genitoriali (Baumrind (1971), la teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1973) e infine il modello di relazione (Feeney & Collins, 2015).

Secondo la teoria del sistema familiare (Minuchin, 1974), sulla base di un’associazione “Ո” non lineare, i genitori poco coinvolti e sovra coinvolti sembrerebbero considerati più disfunzionali per lo sviluppo del loro bambino, rispetto a quelli moderatamente coinvolti. Tuttavia, le percezioni del coinvolgimento dei genitori dipendono dalla relazione unica tra genitori e figli (Knight, Berrow, et al., 2017) e quindi alcuni genitori possono essere fortemente coinvolti in modi che funzionano per il loro bambino, avendo un impatto positivo sul loro sviluppo sportivo (Holt et al., 2009; Wolfenden & Holt, 2005). 

Per questi motivi è stato suggerito che una maggiore considerazione dei fattori all’interno del macrosistema, cioè della cultura, delle risorse materiali, delle credenze presenti negli altri sistemi del modello bioecologico di Bronfenbrenner (2005), sarebbero utili negli studi sul coinvolgimento dei genitori (Harwood et al., 2019).

Infatti, i genitori hanno numerose modi di comunicare credenze e aspettative ai loro figli, avendo un impatto su vari risultati psicosociali, in particolare sulla motivazione dei loro bambini (Babkes & Weiss, 1999; Brustad, 1992). Le teorie motivazionali (Deci & Ryan, 1985; Nicholls, 1984) aiutano la nostra comprensione delle relazioni genitore-atleta differenziando le influenze di numerose caratteristiche, ad esempio, le convinzioni dei genitori sulla competenza dei loro figli, le aspettative sui successi sportivi, le relazioni dei genitori sui propri comportamenti (ad es., cosa dicono di fare) e i comportamenti effettivi (ad es., cosa veramente fanno). Inoltre, forniscono anche quadri adeguati per confrontare i comportamenti genitoriali effettivi e percepiti e il successivo impatto che le percezioni degli atleti hanno sugli esiti psicosociali risultanti. 

È all’interno di questo contesto che troviamo gli stili genitoriali, cioè gli atteggiamenti e i valori globali dei genitori. Nello sport la tipologia di stili genitoriali di Baumrind (1971) è stata esaminata in pochi studi (Holt et al., 2009; Sapieja et al., 2011; Wright et al., 2019), evidenziando che, rispetto ai genitori autoritari, quelli autorevoli influenzano positivamente gli esiti psicologici e i comportamenti dei giovani atleti, con una maggiore soddisfazione nel gioco. Inoltre, è stato dimostrato che le relazioni genitore-atleta caratterizzate da sostegno all’autonomia e supporto reattivo, insieme ai genitori che si sforzano di comprendere il proprio figlio, hanno maggiori probabilità di portare risultati positivi per i propri figli nello sport, sempre a patto che i figli percepiscano tali tipi di comportamenti.

Tuttavia, come hanno concluso Keegan e colleghi (2014), è quasi impossibile stabilire una corrispondenza diretta tra i comportamenti dei genitori e la motivazione degli atleti, piuttosto c’è un effetto moderazione dovuto ai numerosi fattori contestuali, intrapersonali e interpersonali. Nonostante tale difficoltà, è stato proposto che la positività dei genitori sia l’unico tema coerente legato all’aumento della motivazione degli atleti (Keegan et al., 2010). Tale positività include feedback positivi, affetti positivi, incoraggiamento o collaborazione/supporto.

Fornire una base sicura è di particolare interesse per gli atleti che affrontano situazioni di cambiamento (ad esempio, essere selezionati per una competizione o giocare in una nuova squadra). Impegnarsi nell’esplorazione, tuttavia, può successivamente portare a situazioni che i giovani atleti non possono affrontare, e quindi la creazione di un rifugio sicuro è importante per fornire ulteriore conforto, nutrimento e rassicurazione quando le cose potrebbero non andare bene, questo permetterà all’atleta di capire che il genitore c’è ed è disponibile quando necessario (Bowlby, 1988; Feeney, 2004).

All’interno di questo processo, una considerazione che può essere particolarmente utile è la comprensione della reattività dei genitori, un costrutto ampio che descrive il modo in cui le persone in una relazione (ad es. genitore e atleta) si occupano e supportano i bisogni e gli obiettivi reciproci in modo rapido (Reis et al., 2004). Ad esempio, Clarke et al. (2016) hanno evidenziato che i giovani calciatori hanno elogiato i genitori che hanno apprezzato e sostenuto i loro progressi e sforzi, che hanno fornito feedback per aiutarli ad adattarsi e che li hanno motivati ​​a perseverare per i loro obiettivi.

Di conseguenza, come suggerito da Hellstedt (2005), le famiglie, e in particolare i genitori, non dovrebbero essere emarginate dalle organizzazioni sportive in quanto sono una fonte indispensabile di sostegno per i giovani atleti. Piuttosto, è necessario considerare come interagisce il nucleo familiare con l’ambiente sportivo giovanile e creare degli incontri formativi specifici e personalizzati. 

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