Non è tutto SMART quel che è un obiettivo

Gli obiettivi sono onnipresenti nello sport, ed atleti, squadre e allenatori li fissano spesso per motivarsi e migliorare le proprie prestazioni (Kingston & Wilson, 2009; Weinberg, 1994). Nello sport di alto livello, il raggiungimento degli obiettivi (o la loro mancanza) può essere direttamente correlato al successo o al fallimento della carriera di un atleta o di una squadra (Williams, 2013).

Proposta da Locke e Latham (1990, 2002, 2019), la Goal Setting Theory (GST) è stato il quadro teorico più importante e diffuso per gli interventi di definizione degli obiettivi, concettualizzati come uno stato finale che “un individuo cerca di realizzare; sono l’oggetto o lo scopo di un’azione” (Locke et al., 1981). Secondo la GST ci sono 5 caratteristiche degli obiettivi che influiscono direttamente sulla prestazione, e sono la difficoltà, la specificità, la prossimità, la fonte e i tipi di obiettivo (Latham & Locke, 2007; Locke & Latham, 1990, 2002, 2013, 2019).

Vi dicono qualcosa? Beh si è il famoso acronimo SMART, anche se in ordine sparso, ma vediamoli nel dettaglio e cosa comportano:

  1. obiettivi più difficili (ma raggiungibili) portano a prestazioni più elevate, infatti, obiettivi facili e troppo difficili hanno mostrato effetti non significativi sulle prestazioni, dove nel secondo caso è più probabile che un atleta si ritiri dall’obiettivo e ne definisca uno più realistico (Burton & Naylor, 2002);
  2. obiettivi specifici (ad esempio “completa x numero di flessioni”) prevedono migliori prestazioni rispetto a obiettivi vaghi (ad esempio “fai del tuo meglio”). Recensioni recenti (Locke & Latham, 2019) suggeriscono che la difficoltà e la specificità degli obiettivi probabilmente funzionano in modo collaborativo e impiegarne uno da solo non comporterebbe necessariamente un risultato efficace;
  3. fissare obiettivi sia prossimali (a breve termine) che distali (a lungo termine) aiuta a facilitare il raggiungimento degli obiettivi, poiché i primi possono essere un utile indicatore del progresso verso un obiettivo finale a lungo termine (ad es. durante una stagione; Burton & Weiss, 2008);
  4. la fonte dell’obiettivo si riferisce al fatto che sia auto-impostato, impostato in modo partecipativo (ad esempio definito in collaborazione con l’allenatore) o assegnato esternamente. Kyllo e Landers (1995) hanno notato che gli obiettivi prefissati autonomamente e in modo partecipativo hanno portato a prestazioni significativamente più elevate rispetto agli obiettivi assegnati direttamente dal coach, risultando essere una motivazione fondamentale per impegnarsi nell’obiettivo (Hall & Kerr, 2001);
  5. i tipi di obiettivi possono essere di processo, di prestazione e di risultato. Gli obiettivi di processo si riferiscono al concentrarsi sull’apprendimento di abilità o tecniche specifiche (ad esempio, un nuotatore che si pone l’obiettivo di nuotare una lunghezza in un dato numero di bracciate). Gli obiettivi di prestazione si riferiscono al miglioramento dei propri standard di prestazione (ad es. un nuotatore che mira al record personale nella propria gara). Gli obiettivi di risultato si riferiscono al concentrarsi strettamente sul risultato di una partita o di una competizione (ad esempio un nuotatore che fissa come obiettivo il vincere la prossima gara). Questi tre tipi di obiettivi si distinguono principalmente per la loro controllabilità, in quanto i primi due dipendono dall’impegno verso l’obiettivo, ma il vincere un torneo potrebbe anche dipendere dagli avversari e da fattori esterni indipendentemente dai propri sforzi (Burton, 1989; Burton & Naylor, 2002).

Un’altra importante considerazione della GST riguarda i 5 moderatori che influenzano la relazione tra la definizione degli obiettivi e le prestazioni, e sono:

  • la capacità, cioè gli individui con maggiori capacità (ad es. abilità tecniche nel proprio sport per eseguire un compito) avranno più probabilità di raggiungere i propri obiettivi rispetto a quelli con meno capacità;
  • l’impegno per gli obiettivi, attraverso l’autoefficacia e l’importanza dell’obiettivo, dando energia agli individui, consentendo loro di investire e sforzarsi nel perseguimento degli obiettivi;
  • il feedback, cioè ricevere comunicazioni sulla propria progressione verso il raggiungimento degli obiettivi influisce sul loro ottenimento, poiché guida la direzione futura e l’allocazione delle risorse disponibili verso l’obiettivo;
  • la complessità del compito, perché quando un compito è al di sopra delle proprie capacità, la definizione degli obiettivi sarebbe meno efficace;
  • la conoscenza e le risorse delle attività, cioè è più probabile che gli obiettivi si traducano in prestazioni quando gli individui dispongono delle risorse necessarie per completare l’attività.

Tuttavia, nonostante la prevalenza del Goal Setting come strumento di miglioramento delle perfomance, rimangono ancora dubbi su come allenatori, atleti e psicologi dello sport impieghino questa tecnica in campo (Gillham e Weiler, 2013; Maitland e Gervis, 2010). Una possibile spiegazione riguardava il basso potere statistico derivante dalle piccole dimensioni dei campione analizzati nei contesti sportivi nonché l’elevata individualità e specificità che richiede ciascun atleta e sport. (Jeong et al., 2021).

Per questi motivi, alla luce delle incongruenze negli studi recensiti da Jeong e colleghi (2021) sia sulle caratteristiche che sui moderatori degli obiettivi all’interno della GST, forse la raccomandazione più adatta è quella di sviluppare insieme all’aiuto di uno Psicologo dello Sport dei programmi di definizione degli obiettivi che pongano una forte enfasi sulle caratteristiche, i bisogni, le preferenze e gli stili individuali dei singoli atleti (Burton & Weiss, 2008).

 

BIBLIOGRAFIA

Burton, D. (1989). Winning isn’t everything: Examining the impact of performance goals on collegiate swimmers’ cognitions and performance. The Sport Psychologist, 3(2), 105–132. 

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Burton, D., & Weiss, C. (2008). The fundamental goal concept: The path to process and performance success. In T. Horn (Ed.), Advances in sport psychology (3rd ed., pp. 339–375, 470–474). Human Kinetics. 

Hall, H. K., & Kerr, A. W. (2001). Goal setting in sport and physical activity: Tracing empirical developments and establishing conceptual direction. In G. C. Roberts (Ed.), Advances in motivation in sport and exercise (pp. 183–233). Human Kinetics.

Gillham, A., & Weiler, D. (2013). Goal setting with a college soccer team: What went right, and lessthan- right. Journal of Sport Psychology in Action, 4(2), 97–108. 

Jeong, Y. H., Healy, L. C., & McEwan, D. (2021). The application of Goal Setting Theory to goal setting interventions in sport: A systematic review. International Review of Sport and Exercise Psychology, 0(0), 1-26. 

Kingston, K. M., & Hardy, L. (1997). Effects of different types of goals on processes that support performance. The Sport Psychologist, 11(3), 277–293. 

Kyllo, L. B., & Landers, D. M. (1995). Goal setting in sport and exercise: A research synthesis to resolve the controversy. Journal of Sport and Exercise Psychology, 17(2), 117–137. 

Locke, E. A. (1991). Problems with goal-setting research in sports—and their solution. Journal of

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Locke, E. A., & Latham, G. P. (2002). Building a practically useful theory of goal setting and task motivation: A 35-year odyssey. American Psychologist, 57(9), 705–717. 

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Maitland, A., & Gervis, M. (2010). Goal-setting in youth football. Are coaches missing an opportunity? Physical Education & Sport Pedagogy, 15(4), 323–343.

Weinberg, R. (1994). Goal setting and performance in sport and exercise settings: A synthesis and

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Williams, K. J. (2013). Goal setting in sports. In E. A. Locke & G. P. Latham (Eds.)New developments in goal setting and task performance (pp. 375–396). Routledge.