I modelli in psicologia dello sport: il Pure Performance di Metzler

Lo scopo di questa serie di articoli è quello di descrivere 4 modelli di eccellenza delle prestazioni nell’ambito della psicologia dello sport, presentati all’interno della conferenza annuale dell’Association for Applied Sport Psychology del 2012, e poi riassunti nell’articolo di Aoyagi, Cohen, Poczwardowski, Metzler e Statler (2017).

Gli autori utilizzano il termine eccellenza delle prestazioni come alternativa all’uso più comune di miglioramento per due ragioni principali:

  1. il miglioramento implica una concentrazione ristretta sui risultati, che non era il loro unico obiettivo, e
  2. l’eccellenza è più ampia come concetto, comprende la persona in modo più olistico.

Tuttavia una precisazione è dovuta: questi 4 modelli, infatti, non sono stati validati scientificamente, ma sono stati sviluppati dagli autori seguendo sia i loro personali paradigmi teorici che le esperienze pratiche vissute all’interno della consulenza in psicologia dello sport.

Iniziamo a vedere il primo.

Pure perfomance: l’approccio integrato all’eccellenza di Jonathan N. Metzler.

L’approccio alla performance pura si basa fortemente sull’integrazione delle teorie della motivazione, dell’attaccamento e del processo interpersonale. In particolare, l’autore sostiene che i clienti sono motivati ​​per natura a soddisfare un senso di appartenenza, autonomia e competenza anche con il proprio consulente (Teoria dell’autodeterminazione – Deci & Ryan, 2000).

Secondo Metzler, la performance è uguale ad abilità + errore, dove l’abilità rappresenta il livello autentico, ma ipotetico, di una persona su alcune variabili (motorie, cognitive, …). Mentre l’errore riflette qualsiasi altra variabile che potrebbe contribuire alla discrepanza tra l’abilità effettiva (cioè il punteggio reale) e le prestazioni osservate (ad esempio il tempo, l’avversario, l’arbitro, le distrazioni, ecc). Idealmente, ogni performance – ogni prova o ripetizione – può rappresentare l’abilità autentica dell’esecutore. In realtà, ogni esecuzione sbagliata probabilmente contiene impurità che inquinano la perfomance, cioè l’errore.

In particolar modo, all’interno di questo modello, gli atleti sono sfidati a:

(1) accettare il fallimento nello sviluppo delle proprie abilità (Dweck, 1999, 2006, 2012);

(2) comprendere il paradosso dell’autocontrollo, dove l’eccellenza delle prestazioni può essere raggiunta solo imparando l’autoregolazione e l’autonomia.

Solo gli atleti che sono in grado di comprendere che ogni performance è un’opportunità per mostrare il loro livello autentico di abilità o competenza, cioè come un’opportunità di crescita, riusciranno a migliorarsi.

Pertanto, l’obiettivo dello psicologo dello sport è quello di aiutare le persone a mostrare abilità “pure”, accettando gli errori, identificando le variabili di prestazione che possono essere autoregolate e offrendo strategie per limitare il “rumore” durante la perfomance, come ad esempio attraverso un adeguato dialogo interiore e un corretto goal setting.

Questo articolo è stato realizzato dal collega Sergio Costa, se vuoi leggere altri suoi articoli sulla psicologia dello sport visita la sezione dedicata del suo blog.

Bibliografia completa:

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